Librosario: la rubrica dei libri che sconsigliamo - Libro letto e sconsigliato a Gennaio 2017
06.01.2017 20:07Il Librosario, una rubrica mensile sul libro che più di altri ci ha deluso.
Scritturarte, una volta al mese, pubblicherà una o più recensioni su un libro letto, rispetto al quale le "attese" sono state completamente deluse.
Perchè leggere un buon libro è sempre un dono ma leggere un cattivo libro è una perdita di tempo che non possiamo concederci:
Dopo aver sconsigliato la lettura di Appunti di meccanica celeste (a nostro avviso un libro davvero grottesco e inverosimile) di Domenico Dara (vedi recensione sotto), e quella di Class. Vite infelici di romani mantenute a New York di Francesco Pacifico (libro che consideriamo indecifrabile) per leggere le nostre recensioni clicca qui: https://scritturarte2.webnode.it/news/il-librosario-il-libro-che-ci-ha-deluso-di-piu-e-del-quale-sconsigliamo-la-lettura/
è arrivato il momento del peggior libro letto a Gennaio 2017.
Fermo restando che a Scritturarte ci avvaliamo del diritto di esercitare il libero pensiero e la libera espressione, non offendendo o calunniando nessuno, ma semplicemente descrivendo, tematizzando e argomentando, delle letture che a nostro avviso rappresentino solo una "perdita di tempo" per chi come noi dispone di palato assai raffinato per la meravigliosa arte del leggere, ci sentiamo di scoraggiarvi a sfogliare le pagine di Atlante degli abiti smessi di Elvira Seminara (edito Einaudi) e di dedicare il vostro prezioso tempo a leggere altro (vedi Nemirovsky, Glattauer, Arjouni, Sostad, Twain ecc, ecc...)
Atlante degli abiti smessi dovrebbe essere una storia matrilineare che parla di Eleonora. la madre, che scrive a Corinne, la figlia; dovrebbe altresì essere la storia di un rapporto spezzato, logorato come un "lenzuolo che ha subito troppi lavaggi", dovrebbe guidarci in un viaggio, o meglio, una fuga da Firenze a Parigi, in nostalgici ritorni al passato attraverso la parola scritta, intrappolata in lettere da decodificare. Tutto questo dovrebbe essere ma non è. Atlante degli abiti smessi diviene invece un lungo e noioso monologo fatto di elenchi infiniti di stoffe più o meno preziose, di abiti inanimati che subiscono solo l'oltraggio dell'inerzia, rinchiusi come sono in un armadio. Se l'autrice voleva avvalersi di una metafora per esplicitare il mancato rapporto fra la madre e la figlia, certamente ha sbagliato metafora, ci si trova infatti catapultati in un tempo non precisato a fare i conti con nomi strani di tessuti stranieri e di ogni sorta, sembra quasi l'elogio della seta a discapito dell'acrilico, sembra d'essere ad un corso di formazione sull'uso dell'ammorbidente e non in un intricato rapporto familiare. La noia cede infine il passo al paradosso nel gran finale, dove ha la meglio il fato che combina l'incontro - non incontro fra le due donne, tutto ancora terribilmente infarcito da un vortice di parole "fuori e dentro le ante di un armadio".